Fase 2: paga il caffè con 50 euro e non vuole il resto

Fase 2: paga il caffè con 50 euro e non vuole il resto

Cinquanta euro per pagare un caffè. Potrebbe sembrare la scena del famosissimo film di Totò la banda degli onesti quando insieme ai suoi compari  riescono a stampare le banconote false e riescono a  spacciarne una in un bar notturno. Stavolta però non si tratta di una truffa ma di una bella storia di solidarietà che arriva da Marsala: nessuno scontrino gonfiato da parte di un disonesto barista, tanto meno una denuncia alla Guardia di Finanza, bensì la libera decisione di un avventore che questa mattina si è recato in un bar di via Roma, a Marsala, ed ha deciso di pagare il primo caffè dopo la fine del lockdown con una banconota da 50 euro.

Intorno alle 8 di stamattina un cliente abituale di un bar della città siciliana ha ordinato il primo caffè amaro della “riapertura” e al momento di saldare il conto ha chiesto: “Quanto pago?”. La cassiera ha risposto: “Un euro”, ma  il cliente ha pagato lasciando 50 euro. “Tieni pure il resto; siete rimasti chiusi 50 giorni. È il minimo che io possa fare. Sono una persona fortunata. Ho uno stipendio pubblico come operatore delle forze dell’ordine e il mio stipendio è pagato dalle tasse che tu paghi, a domani”. Il bel gesto di solidarietà è stato confermato a Fanpage.it da alcuni baristi di via Roma, a Marsala, che non hanno tuttavia voluto rivelare il “beneficiario”, che avrebbe voluto restare anonimo.

Qualcosa di molto simile è avvenuto la scorsa settimana a Vicenza: un cliente abituale dell’Icecafè ha preteso di pagare un caffè 50 euro. “Tieni pure, questo è il primo espresso dopo il lockdown e voglio dare il mio personale contributo a voi che mi avete sempre servito bene e ora state soffrendo. Il caffè della ripartenza merita questo”. Il giorno successivo quello stesso cliente ha pagato il caffè 5 euro, ma non è stato l’unico: “Una signora, che ha prenotato il pranzo – racconta il titolare – ha lasciato 50 euro a fronte di una spesa di 37. Lì per lì ho provato un certo imbarazzo: siamo veneti, abituati a lavorare, non a ricevere, ma ammetto che in questo tempo difficile mi ha fatto bene”.